Se il Carnevale di Biella è stato da sempre l’evento di maggior risonanza nell’ambito delle celebrazioni locali della festa pre–quaresimale, meritano di essere prese in considerazione anche le tradizioni carnascialesche degli altri paesi del territorio.
«Il carnevale – ha sottolineato Mario Scarzella – aveva un tempo per la gente della campagna e della montagna condannata ad una vita di fatiche, sovente di stenti, il valore di una pausa, sia pur breve, di allegria e serenità e veniva celebrato sempre in ogni paese ed in ogni frazione».
Caratteristica di questi piccoli centri era la presenza di un comitato organizzatore che si riuniva nella casa di uno dei membri e provvedeva al reperimento di tutto il necessario per la preparazione della fagiolata.
Solitamente la domenica precedente quella della festa un carro girava casa per casa per raccogliere fagioli, salami, lardo e anche legna per alimentare il fuoco.
La tradizione prevedeva che a curare la preparazione e la cottura della fagiolata fossero ogni anno sempre le stesse persone, appartenenti a famiglie che si tramandavano l’usanza; la distribuzione era gratuita e avveniva di norma nel centro del paese.
Un altro elemento tipico erano i giochi: particolarmente apprezzato era quello delle pignatte, ma un buon successo riscuoteva anche la corsa con i sacchi.
Ad Arro e a Curino il protagonista del gioco era un gallo: nel primo caso l’animale, già morto, era legato ad un palo e il concorrente, bendato, doveva cercare di colpirlo con un bastone; nel secondo, tre galli venivano interrati lasciando loro fuori solo la testa, che doveva essere colpita dai concorrenti bendati e armati di sciabola.
In entrambi i casi il vincitore, oltre a prendersi l’animale, aveva diritto di partecipare alla cena senza pagare.
Anche i concorrenti in grado di scalare il palo della cuccagna avevano la possibilità di portarsi a casa uno o più premi, in genere bottiglie di vino, salami, polli o piccole somme di denaro contenute in portamonete.
Tipico di molti paesi era il falò che chiudeva il Carnevale e che veniva acceso nei pressi del cimitero (a Vagliumina), sulla piazza (a Tavigliano, Campiglia, Occhieppo, Lessona, Bioglio) oppure sulle alture circostanti (a Magnano e Mottalciata).
A volte sul rogo veniva "sacrificato" un fantoccio di paglia che fungeva da personificazione del Carnevale: al Vernato la "Meja", a Masserano il "Tremarell", a Lessona il "matutun", a Crevacuore il "Vettu".
Un elemento imprescindibile della festa era il ballo.
Nei paesi dove maggiori erano le disponibilità economiche si affittava un "ballo a palchetto" (la musica era prodotta da un organetto a manovella); in alternativa si ballava al suono degli strumenti della banda locale.
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