Riportiamo di seguito i passi più significativi del discorso pronunciato dal professor don Antonio Simonetti in occasione dell’inaugurazione della croce monumentale sul Mucrone:
«Non mai questo superbo monte portò sull’ardue spalle cotanta massa di gente; ma a trarre quassù così grande e così varia moltitudine non erano sufficienti i vessilli degli uomini per quanto gloriosi; fu necessario inalberarci un simbolo divino, la croce di Cristo
[…] O voi dal paradiso, avete voi intesa la mia voce? È giunta fin lassù questa povera onda sonora? Tanto è vero che sulle alture le anime si avvicinano e si abbracciano per salire al Cielo
[…] Piccoli siamo noi verso questi immani colossi [le montagne, n.d.a] che efficacemente annunziano ai sensi l’immensità del creato […] Ma ci riconosciamo pure sovrani della natura su questi culmini della Terra.
L’uomo […] non poteva rimanersi sgomento alle falde dei monti, percorrendoli pur collo sguardo, ma doveva salirli, signoreggiarli, ed ergendosi sulle lor cime, godere, senz’insano orgoglio, del dominio a lui dato su tutte le creature. Ma quale compenso a così strane fatiche?
[…] A più alti sensi elevate lo spirito nelle vostre ascensioni educatrici, e se ne giovi la miglior parte dell’esser vostro. I monti parlano di fratellanza, di patria, di religione. Oh come, oh quanto ci troviamo amici su per queste estreme infide balze!
[…] Qui, su queste moli […] meglio comprendiamo quanto costi l’umano progresso e il comodo vivere di cui si gode diversamente, e non sempre giustamente, per ingegno, per fortuna, per felici natali. Un alpenstock, una lanterna, un cingolo, uno scarso ristoro: ecco la nostra dovizia […] alla patria io penso, o Signori, rigirando gli occhi dalle catene alpine alle pianure appena visibili tra le nebbie, al verde terreno della fertile penisola. Mirate di quali baluardi Dio ricinse l’Italia […] queste ciclopiche mura incrollabili e queste fossa Natura costrusse a difesa nostra contro ogni rabbia di straneri […]
Gloriatevi di appartenere ad un popolo antico e grande, cui fu affidata la più sublime missione del mondo. E il vessillo vostro si accosti riverente al vessillo del comune riscatto
[…] Ed è a questa croce, eretta sui monti, circondata di tanti devoti, immagine di ben più memorando avvenimento, che deve in ultimo fermarsi, compiacendosi dell’insolita festa, il nostro pensiero. La poesia dei monti è poesia sacra. Sui monti sorgono i santuari, in lor solitudine si rifugiano le anime raccolte, buone, avverse al mondan rumore, per conversare con Dio, e concedersi tutte ai misteri divini
[…] Ah no, o Signori, non siate contenti di percorrere questi alti dirupi, come il camoscio, che salta incosciente sulle dentate scintillanti vette, né di cingere col volo della fantasia i vertici elevati al cielo, come l’aquila, che dell’effuso azzurro spiega nel sole l’ala solenne; ma aprite la mente ed il cuore a più pure, a più umane e sovrumane dilettanze. Contemplate la magnificenza divina nell’opera della natura e dall’anima commossa di tutto un popolo erompa un grido solo in quest’altezza: Gloria in excelsis Deo!».
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