Chi percorre a piedi o in auto il reticolo di strade che caratterizza l’area di più antica costruzione del Villaggio Lamarmora (la parte cioè che si estende sul lato occidentale di via fratelli Rosselli) forse non presta molta attenzione all’edificio di color giallo, un giallo un po’ sbiadito, sui cui muri traspaiono i segni impietosi del trascorrere del tempo.
Racchiuso tra via Borriana e via Corridoni, a pochi passi dalla chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna di Oropa, è oggi sede del Centro rionale di incontro per anziani e di una associazione impegnata in campo sociale ma in tempi ormai lontani tra le sue mura e nel giardino che lo circonda sono risuonate le grida gioiose dei bambini del quartiere: si tratta infatti dell’ex asilo nido e d’infanzia.
La peculiarità che ci ha spinti a soffermarci sulla storia di questa istituzione educativa sta nel fatto che la sua inaugurazione, avvenuta il 25 maggio 1956, coincise, nell’opinione dei giornali locali ("il Biellese" e "Eco di Biella") sostenitori dell’amministrazione comunale liberal–democristiana che guidò Biella negli anni Cinquanta, con la nascita ufficiale di un nuovo quartiere cittadino, il "Villaggio Rosselli" in seguito rinominato "Villaggio Lamarmora"; e che si sia trattato di un evento di importanza non trascurabile pare, a nostro avviso, testimoniarlo anche la presenza alla cerimonia che ebbe luogo quel giorno del Presidente del Consiglio dei ministri (e futuro capo dello Stato) Antonio Segni.
Procediamo con ordine.
Di fronte all’impellente problema rappresentato dalla penuria di alloggi di edilizia popolare, nel luglio del 1952 la giunta cittadina presentò al consiglio comunale il progetto inerente la realizzazione di un nuovo agglomerato abitativo che avrebbe dovuto sorgere «in via fratelli Rosselli, nella zona già occupata dalle […] case popolari, zona che [contava] circa 600 abitanti ma che, a cose ultimate [avrebbe potuto] ospitarne dai 2 ai 3 mila» ("Eco di Biella", 17.07.1952).
Il Piano Particolareggiato di Esecuzione redatto dall’Ufficio Tecnico comunale, rientrante nell’ambito della parziale realizzazione del Piano Regolatore Generale, prevedeva che il «moderno gruppo abitato, costituente un Centro satellite della Città», andasse ad estendersi su un’area di circa 165.000m², 65.000 dei quali erano già di proprietà del Comune mentre i rimanenti sarebbero stati soggetti a esproprio; i nuclei abitativi avrebbero dovuto sorgere «attorno ad un centro di servizi collettivi composto dalla Chiesetta con antistante giardino e casa parrocchiale, [da] un giardinetto pubblico, [dall]’Asilo nido e infantile, [dalla] scuola elementare, [da] un piccolo campo sportivo e [da] altri servizi pubblici quali l’ambulatorio medico, la ricevitoria postale, una sala per riunioni e conferenze ed altri locali di uso pubblico» ("Eco di Biella", 21.07.1952).
La spesa preventivata per l’esecuzione del progetto si aggirava intorno ai 750 milioni di Lire, così ripartiti: «80 milioni è il preventivo di spesa per le fognature, 32 milioni quello delle strade, 57 quello degli edifici pubblici che sorgeranno nel villaggio, mentre per gli edifici privati la spesa è supposta sui 540 milioni [per gli espropri era stata stimata la cifra di 28 milioni] ("Eco di Biella", 17.07.1952).
Nel quadriennio 1953–1956 i lavori si concentrarono primariamente sull’area di proprietà del Comune.
Tra l’autunno del 1954 e la primavera–estate dell’anno successivo furono realizzate diverse case a schiera, alloggi per lavoratori gestiti dall’INA–CASA, condomini di due e quattro piani, la rete stradale e fognaria; nel maggio del 1956 fu inaugurata anche la lavanderia pubblica.
Nel 1956, al termine del suo primo mandato, l’amministrazione Blotto Baldo poteva così affermare di aver affiancato all’opera promossa dallo Stato nel campo dell’edilizia popolare le proprie iniziative, che avevano portato alla rapida costruzione di oltre duecento alloggi «con sensibile vantaggio per i senza tetto» ("Biella: attività comunale 1951–1956", Ramella, Biella 1956).
Se non stupisce che il piano edilizio varato dall’amministrazione Blotto Baldo fosse stato accolto con favore dalla stampa "amica" («Il progetto è coraggioso e tempestivo non solo – commentò "Eco di Biella" sul numero del 7 agosto 1952 – ma il problema viene impostato su delle proporzioni tali da rappresentare senz’altro una soluzione definitiva per le esigenze di alcuni decenni anche se il ritmo di aumento della popolazione di Biella dovesse intensificarsi rispetto al passo limitato che mantiene attualmente»), va altresì segnalata l’apertura di credito, pur con qualche comprensibile riserva, concessa da almeno un settore dello schieramento di sinistra, quello rappresentato dai socialisti: «Visto così, un po’ in fretta, il Villaggio Rosselli ci piace: – affermò il "Corriere Biellese" (21.04.1955) – e diciamo subito, senza eufemismi, senza reticenze, senza calcoli stupidi e fuori luogo, che quel quartiere sorge e si fa vivo grazie ad un coraggioso, ben precisato e chiaro piano di attività e di rinnovamento […] è meritorio l’averlo fatto ed è ancora più meritorio il proseguire un piano di costruzioni popolari di cui, da anni, si sente a Biella una urgenza assoluta».
Per quanto riguarda l’asilo, il progetto di costruzione fu approvato con la delibera n. 121/91 del 16 luglio 1952, mentre il contratto con l’impresa appaltatrice dei lavori, la ditta Edilcrea di Torino (già impegnata in altri cantieri aperti nel Villaggio che stava sorgendo alle porte di Biella), fu stipulato il 30 novembre 1954; la stima dei costi si aggirava intorno ai 30 milioni di Lire.
Nella primavera del 1956 l’edificio era stato quasi ultimato.
Si trattava di un fabbricato composto da una parte centrale, con due piani fuori terra e sotterraneo, e da due ali ad un piano rialzato senza sotterraneo; l’Ufficio Tecnico comunale aveva prescritto l’utilizzo di materiali «delle migliori qualità e senza difetti che [potessero] menomare le speciali doti di resistenza e di estetica».
La copertura era stata realizzata impiegando tegole di tipo marsigliese; le facciate erano state rifinite con intonaco Terranova, in parte uniforme, in parte con riquadrature imitative del bugnato; per lo zoccolo a mosaico esterno, applicato su tre lati, era stata impiegata pietra di Luserna (per il lato a Nord si era ripiegato su un più modesto intonaco di cemento che richiamava i disegni del mosaico di Luserna).
Le incorniciature delle finestre erano di travertino chiaro romano, mentre le fasce terminali delle pensiline e degli attici in finto travertino.
Per i pavimenti interni si era ricorso a piastrelle di graniglia, di grés ceramico e di quarzite; nelle aule, al meno ruvido linoleum.
Ad aprile il Comune provvide ad acquistare tutto il necessario per l’arredamento presso una ditta del Varesotto, che aveva offerto un conveniente rapporto qualità/prezzo: per meno di due milioni e mezzo di Lire, l’asilo fu dotato di tavoli, sedie, portaombrelli, scrivanie, lavagne girevoli, quaranta tavolini monoposto, fasciatoi per l’aula lattanti, una cucina completa, un lettino per visita pediatrica, l’armadietto per i medicinali, nonché di quattro camere da letto per le suore.
L’inaugurazione fu fissata per venerdì 25 maggio 1956: una data non casuale, dal momento che due giorni dopo si sarebbero tenute le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Biella.
Ci si trovava quindi alle battute finali di una campagna elettorale nella quale nessuno aveva fatto sconti all’avversario: la realizzazione del primo lotto del Villaggio Lamarmora costituiva di fatto un ottimo argomento a sostegno dell’amministrazione uscente, come s’incaricò di rimarcare "il Biellese" (22.05.1956): «Il Villaggio Lamarmora è stato al centro dell’opera di cinque anni e oggi è una realizzazione viva e operante cui i comunisti non sanno opporre, in mancanza di argomenti, che la ridicola definizione di “villaggio elettorale". Ma la gente abita nelle case, non nei manifesti e sui giornali».
A conferire all’evento una risonanza ancora maggiore contribuì senza dubbio la presenza del capo del governo, l’on. Antonio Segni, il quale giunse a Biella in tarda mattinata: ad attenderlo a palazzo Oropa trovò le più importanti autorità cittadine e provinciali, tra le quali spiccava l’on. Giuseppe Pella.
Replicando al sindaco Blotto Baldo, che lo aveva ringraziato per la visita nella città laniera omaggiandolo di una statuetta in bronzo raffigurante l’orso simbolo di Biella, lo statista sardo ricordò che «tra Piemonte e Sardegna vi è una vecchia tradizione di fraterno allacciamento non solo politico ma di due regioni che sentono ugualmente profondo l’amore per la patria comune» ("il Biellese", 29.05.1956) e sottolineò «il minimo comune denominatore che unisce il popolo sardo a quello piemontese, entrambi propensi a parlare poco quanto piuttosto a operare» ("Eco di Biella", 28.05.1956).
Dopo i convenevoli di rito il Presidente del Consiglio, che peraltro non versava in condizioni ottimali di salute, essendo ancora alle prese con i postumi di una sindrome influenzale («L’on. Segni – segnalò impietosamente "Eco di Biella" – appariva pallido, leggermente sofferente; aveva un aspetto quasi ascetico») si portò presso il Villaggio di via Rosselli per assistere alla cerimonia di inaugurazione: «Tutta la popolazione del Villaggio era ad accogliere il Presidente, che sulla soglia dell’Asilo, prima che il nastro tricolore venisse tagliato, è stato salutato con un bel discorsetto di omaggio dal piccolo Trivero Paolo, mentre la bimba Giuseppina Macchieraldo gli faceva presente di un grosso mazzo di fiori» ("il Biellese", 29.05.1956); il vescovo mons. Carlo Rossi provvide poi ad impartire la sacra benedizione alla nuova struttura.
Il presidente Segni si recò poi presso la sede cittadina della Democrazia Cristiana (movimento politico a cui apparteneva) dove tenne un discorso incentrato su temi di politica interna.
Nessun accenno alla manifestazione comparve sulla stampa locale di area comunista e socialista.
Negli anni seguenti nuove strutture andarono ad arricchire il Villaggio: la scuola elementare, edificata in prossimità dell’asilo e oggi sede della Ludoteca comunale; la chiesa consacrata alla Madonna di Oropa; la caserma dei Vigili del Fuoco, l’ufficio postale, l’ambulatorio medico.
Intorno alla metà degli anni Sessanta fu approvato il progetto di sviluppo che nel volgere di due decenni avrebbe portato il Villaggio Lamarmora a raggiungere l’estensione odierna.
Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
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