È assai raro trovare nel Biellese un borgo che vanti una biblioteca civica con un patrimonio pari o superiore a ventimila volumi; ed è ancor più raro che tale biblioteca sia allo stesso tempo punto di riferimento culturale per la cittadinanza e modello esemplare di architettura innovativa.
La biblioteca "Benedetto Croce" di Pollone coniuga entrambe queste caratteristiche.
Oltre ad essere uno straordinario scrigno di conoscenza, è anche espressione della capacità di tradurre in realtà quella che l’artefice del progetto, l’architetto Leonardo Mosso, non ha esitato a definire «un’opera di architettura proiettata verso il futuro, una "architettura di ricerca" che avrà poi vasta risonanza nel mondo».
I lavori di costruzione dell’edificio di via Caduti per la Patria, avviati nel 1959, furono portati a termine nel breve volgere di un anno: «La biblioteca di Pollone – ha sottolineato Pier Enrico Seira – […] nasce da un banale scatolato in acciaio a sezione rettangolare: quindici per cinque centimetri, spesso un paio di millimetri, usato con intelligente e spregiudicata disinvoltura»; i materiali impiegati, acciaio, vetro e pietra di Luserna, furono sapientemente combinati per ottenere un risultato finale «spiazzante. Al vetro, trasparente e liscio, viene affidato il compito di creare un effetto chiaroscurale; alla pietra, massiccia e scabra, viene chiesto di generare una superficie complanare».
Particolare effetto suscitò la copertura, realizzata con un paraboloide iperbolico che «si ottiene intrecciando due famiglie di rette. Per la copertura, quindi, non travi grandi, sagomate o diverse l’una dall’altra, ma un solo componente, di sezione ridotta, che si intreccia con altri elementi tutti uguali: come in un cesto. Il risultato è una curva a sella».
Ben più ampio spazio di quello che abbiamo fin qui dedicato spetterebbe alla narrazione riguardante l’impegno in ambito culturale portato avanti da più di cinquant’anni dalla biblioteca "Benedetto Croce"; ma altrettanta importanza rivestono le figure di coloro che resero possibile tale iniziativa, Gustavo Colonnetti e sua moglie Laura Badini Confalonieri, così come merita di essere riportato alla memoria anche il periodo che potremmo definire "pionieristico", quando cioè la biblioteca mosse i suoi primi passi nei locali al pianterreno della villa Ricci a Pollone.
L’abitazione era stata acquistata dai Colonnetti nel 1930 come residenza estiva: «Era una casa molto grande, con un entrata buia e molto ampia, sempre piena di giochi e che si spalancava su di un grande parco, in cui [Laura] fece costruire una piscina ed attrezzò un porticato a palestra. All’interno, lo studio salotto di Laura, chiamato salottino di Paul et Virginie, per le pareti ricoperte dai pannelli pitturati con la loro storia. In soffitta, vicino alla biblioteca c’era una saletta con il giradischi ed in cui fu alloggiata nei primi anni Cinquanta la televisione. Vi era anche una stanza attrezzata per i figli e i loro amici. Le tante stanze della casa furono pensate da Laura come tanti alloggi indipendenti, pensati per ospitare in modo discreto ospiti ed amici di passaggio» (Fausto Giovanardi).
Nel 1933 il quarto figlio di Laura e Gustavo Colonnetti, Alberto, di solo un anno, morì.
Affrontando con grande dignità e forza d’animo quel tragico evento, i due coniugi si impegnarono a «far qualcosa perché anche quel figlio "vivesse" e non soltanto tra gli angeli. La ricerca di un impegno "vivo" per quel figlio durò a lungo» (Angiola Broccati Stradella).
Dovettero infatti trascorrere i difficili anni della guerra e dell’esilio svizzero prima che il loro desiderio potesse trovare concreta espressione: «[…] ecco come "far vivere Alberto", donando ai figli dell’Italia, rinascente dalle sventure, quanto si sarebbe donato a lui. L’idea si farà sempre più chiara al ritorno in Italia: l’opera comincerà alla buona, nel paesetto di Pollone e avrà un nome: libro» (A. B. Stradella).
Nel 1956 Gustavo Colonnetti terminò il suo mandato presso il Consiglio nazionale delle ricerche e si dedicò con la moglie all’allestimento della biblioteca, della quale nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto fruire «la gente di Pollone, gente semplice che ha la schiena rotta dalla fatica ai telai e si apre, quasi con stupore, al mondo incantato della carta stampata» (A. B. Stradella).
Nell’agosto di quell’anno Laura Colonnetti, che da tempo si era ottimamente inserita nella vita paesana ed «era considerata Pollonese a tutti gli effetti», annunciò
l’intenzione di intitolare la biblioteca a Benedetto Croce, (il filosofo napoletano che era stato solito soggiornare a Pollone a partire dalla seconda metà degli anni Trenta e con il quale i Colonnetti avevano intrattenuto un cordiale rapporto di amicizia) agli amici con cui lei e il marito avevano condiviso piacevoli momenti di svago culturale, sollecitandoli garbatamente a contribuire all’ampliamento del patrimonio librario: «Ricordo gli anni in cui incontrarci in casa Croce era una festa per tutti: i Vostri arrivi un dono. Da quegli incontri molte buone cose sono nate; per onorare la memoria di Benedetto Croce a Pollone si vuol far si che possano rinnovarsi. Come primo inizio una biblioteca porterà il Suo nome […] Sarebbe troppo chiedervi di partecipare all’iniziativa coll’offerta di qualche volume a testimonianza della Vostra presenza nella biblioteca il cui nome sarà per tutti noi vincolo di amicizia?» (Archivio Biblioteca "B. Croce").
L’inaugurazione della biblioteca ebbe luogo martedì 14 agosto 1956, alla presenza del Ministro della Pubblica Istruzione Paolo Rossi e dell’ambasciatore di Francia presso il Quirinale Fouquè Duparc, accompagnati dalle rispettive consorti, della figlia di Benedetto Croce, Silvia, e di una folta rappresentanza di autorità e di personalità della cultura e della scienza (tra cui lo scrittore Virgilio Brocchi e l’esploratore padre Alberto De Agostini).
La cerimonia fu preceduta dalla conferenza tenuta in francese da Fouquè Duparc sul tema "Sviluppi diplomatici della guerra di Crimea" e da una breve e commossa rievocazione della figura di Benedetto Croce da parte di Gustavo Colonnetti; spettò quindi alla consorte del diplomatico francese tagliare il nastro inaugurale sotto lo sguardo compiaciuto di Laura Colonnetti.
Seguì poi la visita alle sei sale (ciascuna delle quali, sottolineò "Eco di Biella" sul numero del 20 agosto, era stata intitolata ad una pianta «affinché il richiamo alla vicina Burcina e alle caratteristiche dove la flora è imperante [fosse] evidente»), che ospitavano le diverse raccolte librarie.
Nelle settimane successive la biblioteca, la cui direzione era stata affidata ad Augusta Rozzi, insegnante alle scuole elementari, entrò in piena attività ma la sistemazione si rivelò presto inadeguata a far fronte alle esigenze organizzative: «La vecchia sede della Benedetto Croce – sottolineò la stessa Laura Colonnetti nell’articolo "Esperienze in biblioteca" pubblicato nel 1963– era stata una soluzione di ripiego. Il lavoro era reso malagevole dalla distribuzione in vari ambienti, che pur presentando una sede degnissima e ben disposta per la divisione delle categorie, pure non si prestava per una biblioteca popolare dove il controllo ed il lavoro di collocazione e distribuzione vengono in genere affidati ad una persona sola»; prese così corpo l’idea di realizzare un edificio appositamente dedicato, che vide appunto la luce nel 1960.
Citiamo in chiusura il dato relativo al patrimonio della "Benedetto Croce": se nel primo anno di attività nella nuova sede la biblioteca contava 6.000 volumi, attualmente il numero è attestato attorno ai ventitremila.
Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
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