Il 18 marzo 1854 il Senato del Regno di Sardegna approvò il progetto dell’ing. Savino Realis (presentato dalla Società Crida, Ferroggio e C. di Camburzano, e sostenuto dal ministro dei Lavori Pubblici Pietro Paleocapa) inerente alla costruzione di una linea ferroviaria nel tratto Biella – Santhià.
Nel 1855 i diritti sulla nuova tratta furono ceduti dalla Crida e Ferroggio alla Società Anonima "Strada Ferrata di Biella" (S.F.B.).
Il 7 settembre 1856 ebbe luogo l’inaugurazione.
Dopo circa un trentennio, nel corso del quale soggetti privati e pubblici si alternarono nella gestione diretta della linea, la S.F.B. affidò l’esercizio alla Società "Ferrovie del Ticino" (1883).
Nel luglio del 1951, decorsi i novantasette anni previsti dalla concessione stipulata nel 1854, il personale delle Ferrovie dello Stato si affiancò a quello delle “Ferrovie del Ticino”; quattro anni più tardi la Biella – Santhià entrò a far parte della rete ferroviaria statale.
Il tracciato, che originariamente avrebbe dovuto attraversare Gaglianico, fu in seguito modificato con la deviazione per Candelo al fine di diminuirne la pendenza (dal 22 al 12,5‰) e consentire il transito dei convogli senza ridurne la composizione; da Candelo i binari raggiungevano la stazione di piazza Vittorio Veneto a Biella (situata all’altezza dell’odierna via Lamarmora), attraversando i terreni a sud della città e il quartiere Vernato.
All’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, il passaggio della linea ferroviaria su queste aree rappresentò un ostacolo (efficacemente definito "cintura di ferro") non solo all’espansione urbanistica della città, ma anche alla circolazione dei veicoli pubblici e privati (le sbarre dei due passaggi a livelli di via Cottolengo e del Vernato erano infatti frequentemente abbassate).
L’amministrazione comunale guidata dal sindaco Bruno Blotto Baldo prese quindi in considerazione nella stesura del Piano Regolatore l’ipotesi di unificare nella stazione periferica di San Paolo le due linee ferroviarie che facevano capo alla città laniera (dal 1940 era infatti attiva anche la tratta Biella – Novara).
La Società "Ferrovie Elettriche Novaresi" (concessionaria della Biella – Novara) si mostrò disponibile a consentire alle Ferrovie dello Stato l’uso comune della stazione e degli impianti; un ulteriore passo in avanti fu compiuto nel gennaio del 1954, quando il Consiglio di Amministrazione delle F. S. espresse parere favorevole all’inclusione della tratta Biella – Novara nella rete statale.
Qualche problema in più lo ebbe la Giunta comunale, che dovette far fronte ai ricorsi presentati dalla Società "Tranvia Elettrica Biella Oropa" e dalla Società "Ferrovie Elettriche Biellesi", le quali non intendevano sobbarcarsi l’onere di spostare i rispettivi capilinea alla stazione di San Paolo.
Dopo laboriose trattative, il 7 aprile 1956 il consiglio comunale approvò la convenzione con la quale il Comune di Biella (rappresentato dal sindaco Blotto Baldo) e le Ferrovie dello Stato (nella persona dell’ing. Settimio Dragone, Ispettore Capo Superiore, Dirigente la Sezione Lavori di Torino) regolavano «i rapporti inerenti allo spostamento del tratto terminale della linea Santhià – Biella ed allacciamento della linea medesima alla stazione di Biella San Paolo della Società Ferrovia Biella – Novara».
Con quell’accordo, le Ferrovie dello Stato si impegnavano a costruire «un tronco ferroviario che collegherà la stazione di Candelo con la stazione di Biella San Paolo [… e gli] impianti necessari per rendere la stazione di Biella San Paolo […] idonea a svolgere anche il servizio di stazione di testa della linea Santhià – Biella»; a realizzare l’«esercizio ferroviario sul nuovo tronco deviato»; a rimuovere i «materiali d’armamento dal tronco ferroviario da sopprimere fra Candelo e Biella e della stazione di Biella»; a sgomberare i «locali e [le] aree della stazione di Biella da materie e oggetti di arredamento».
A fronte dell’impegno delle F. S., il Comune di Biella doveva anticipare la somma necessaria per la realizzazione delle opere in progetto, stimata in 390 milioni di Lire (da versarsi in sette rate), e accollarsi l’onere di provvedere ad integrare l’importo di ogni singola rata «qualora […] durante il corso dei lavori si verificassero aumenti dei costi di esecuzione delle opere, od altre circostanze imprevedibili»; l’amministrazione delle F. S. era altresì autorizzata «in caso di ritardo nel pagamento delle suddette anticipazioni [… a] sospendere i lavori […e a] riprenderli soltanto dopo che l’anticipazione cui il ritardo si riferisce, sia stata effettuata».
Minuziosamente regolata (con linguaggio tecnico – burocratico che sarebbe inopportuno riportare qui) era anche la questione concernente l’alienazione degli immobili facenti parte della stazione di piazza Vittorio Veneto e del tronco ferroviario soppresso; una delle clausole prevedeva comunque che il Comune di Biella rinunciasse a qualsiasi rivendicazione «sulle aree, fabbricati ed impianti che verranno a costituire il nuovo tronco ferroviario e la parte di esso afferente alla stazione di Biella San Paolo, e sugli impianti ricuperati dal tronco da sopprimere, i quali, nonostante la somma anticipata dal Comune stesso, resteranno di assoluta ed esclusiva proprietà del Demanio dello Stato – Ramo Ferrovie».
Per quanto riguardava le vertenze con la Tranvia di Oropa e le Ferrovie Elettriche Biellesi, l’amministrazione cittadina si impegnava «ad aiutar[le] ed agevolar[le] […] per lo spostamento dei relativi capilinea in aree attigue alla stazione di Biella San Paolo se tale spostamento risulterà conveniente», e avrebbe inoltre provveduto «alla sistemazione della rete dei trasporti urbani in modo da garantire un efficiente servizio fra la Città e la Stazione di Biella San Paolo».
Avviati nella seconda metà del 1956, i lavori per realizzare i quasi tre km del raccordo Biella – Candelo proseguirono con buona lena per tutto il 1957, monitorati con attenzione dai giornali locali.
L’intenzione del Ministero, informò "il Biellese", era di inaugurare il nuovo tratto nella prima quindicina di ottobre e dismettere la stazione di piazza Vittorio Veneto entro il 1 novembre (per questo in realtà si sarebbe dovuto attendere fino al 23 febbraio 1958):
«I lavori verranno quindi accelerati e anche per varie fasi si possono stabilire delle date approssimative: entro la fine del mese giungerà al tetto il fabbricato principale, mentre il piazzale è ormai praticamente terminato e così le costruzioni minori; a fine aprile saranno completati i nuovi terrapieni e i quattro sottovia. In conclusione, a metà anno stazione e terrapieno dovrebbero essere realizzati; seguirà la posa dei binari e quindi inizierà il lavoro dei locomotori per collaudare la linea» (05.03.1957).
Un paio di settimane più tardi il giornale cattolico annunciò la costruzione di un sottovia stradale (dell’ampiezza di 25mt, con due corsie stradali di 11,75mt ciascuna), necessario per garantire l’accesso alla circonvallazione cittadina (la "tangenziale") la cui futura realizzazione era stata inclusa nel Piano Regolatore.
Nonostante qualche intoppo burocratico, i lavori per la costruzione dell’opera, appaltati all’impresa Alessandro Debernardi di Chiavazza e avviati intorno alla metà di maggio, si conclusero il 26 luglio.
Ai primi di settembre furono posati i binari e completati gli ultimi ritocchi alla stazione San Paolo.
Finalmente, il 10 ottobre 1957, il nuovo raccordo Biella – Candelo potè essere collaudato: «Erano esattamente le 10,10 […] (la data del 10 ottobre rimarrà memorabile nella storia ferroviaria biellese) quando la locomotiva 685 delle Ferrovie dello Stato di 129 tonnellate, sostava, proveniente dalla stazione di Candelo sul ponte in cemento armato sotto il quale passerà la strada di circonvallazione […] sono stati piazzati, su cavalletti dodici flessimetri, che […] sono strumenti atti a misurare le saette d’inflessione dei ponti. Funzionari e tecnici delle Ferrovie dello Stato, per il Municipio l’ing. Grossi e l’ing. Rossetti e una folla di curiosi, assistevano al passaggio della locomotiva. Dopo la prova statica sono transitate a forte andatura due locomotive per un peso complessivo di 258 tonnellate. Le prove di collaudo sono pienamente riuscite […]» ("il Biellese", 11.10.1957).
A conferma della bontà dell’opera (costata poco più di 17 milioni di Lire) stava l’azzeccato titolo che "Eco di Biella" dedicò all’evento: «Il sottovia grande non fa una piega».
Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
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