L’approvvigionamento di acqua potabile è stato uno dei maggiori problemi con cui hanno dovuto confrontarsi nel tempo le amministrazioni cittadine di Biella: «Idricamente parlando – scriveva sull’argomento nel 1953 Stefano Triverio – i bacini delle valli biellesi sono dei bacini autonomi senza collegamenti di sorta con i grandi bacini idrici rappresentati a Est dal Sesia ed a Nord-Ovest dal Lys affluente della Dora Baltea […] Le origini della sete di cui soffre tutta la regione biellese sta […] in questa sua posizione geografica che nega alla regione delle acque perenni […]. Il Biellese è un’isola povera d’acqua al centro di un sistema idrografico fra i più ricchi della Valle Padana».
La situazione risultava aggravata anche dal progressivo abbandono dell’economia del bosco, che «per l’intero millennio della storia conosciuta della regione biellese dominò sovrana», a favore dello sviluppo industriale, con conseguenze negative sul patrimonio boschivo e quindi sulla disponibilità idrica: «Sui monti spogli di vegetazione l’acqua non penetra che in minima parte dentro il suolo e le sorgenti a poco a poco si dissecano», spiegava Triverio aggiungendo poi che «se la conca [di Oropa] fosse [stata] tutta rimboschita, almeno la metà dell’acqua caduta [sarebbe andata] ad alimentare i serbatoi sotterranei, e il Santuario e la città di Biella [avrebbero potuto] usufruire costantemente di circa 100 litri d’acqua al secondo, anche nelle magre, in luogo dei 25–30 litri goduti presentemente».
L’istituzione del servizio idrico di Biella, con l’entrata in funzione dell’acquedotto cittadino, risale al 1886.
Cinque anni prima il Comune aveva stipulato una convenzione con il Santuario di Oropa per estrarre e portare in città 15 litri d’acqua ad uso potabile; a tal scopo nel mese di agosto era stata costituita la Società Anonima dell’Acqua Potabile (S.A.P.), la quale si era assunta l’onere di eseguire tutte le opere necessarie a garantire la distribuzione idrica a Biella dando corso al progetto elaborato dall’ing. Vaccarino.
Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, per supplire alla sempre più crescente necessità d’acqua strettamente correlata all’aumento della popolazione, la Società dovette concordare più volte con l’Amministrazione di Oropa la concessione dello sfruttamento di altre fonti.
Nel 1904 il sindaco Corradino Sella, «conoscitore competente delle zone montane del Biellese, persuaso che la conca del torrente Oropa non avrebbe mai potuto dare l’acqua necessaria a Biella, [diede] incarico all’Ing. Salvetti di cercare acque per la città nel bacino dell’Elvo»: la ricerca portò a individuare nella regione Alpe Gnum (o Vignum), in territorio di Graglia, «diverse e numerose sorgenti […] che [potevano] dare un quantitativo di acqua buonissima, mai inferiore di litri 30 al minuto secondo» ("Promemoria cronologico relativo al ricorso presentato dagli utenti delle acque del Torrente Oropa e delle roggie di Pralungo, Cossila, Biella, in opposizione alle opere che il Comune di Biella eseguisce nella vallata del Torrente Oropa per estrarre acque ad uso potabile").
Tre anni dopo (1907) fu stipulata una convenzione con la quale il Comune di Graglia cedeva ai Comuni di Biella, Occhieppo Inferiore e Superiore il diritto di raccogliere, convogliare e distribuire ai propri utenti l’acqua proveniente dalle sorgenti dell’Alpe Vignum; il progetto curato dall’ing. Salvetti fu presentato all’ufficio del Genio Civile di Novara, che nel 1913 ne autorizzò l’esecuzione.
Lo scoppio del Primo conflitto mondiale provocò tuttavia l’arresto della pratica.
Riesumato nel 1926 dal generale Giulio Franchi, commissario straordinario di Biella, il progetto si arenò nuovamente di fronte all’intransigenza di un gruppo di industriali di Sordevolo, contrari alla sottrazione delle acque dell’Alpe Vignum; a loro sostegno intervenne nel 1929 il nuovo commissario straordinario cav. Mario Ferrerati, il quale diede incarico all’ing. Vanni di Torino di elaborare un nuovo progetto volto a reperire nella conca di Oropa le sorgenti necessarie.
I costi esorbitanti richiesti per dar corso a tale piano indussero infine l’amministrazione cittadina presieduta dal podestà Giuseppe Serralunga (entrato in carica nell’aprile del 1933), a ripiegare nuovamente sull’Alpe Vignum.
Nel 1935 fu costituita la Società Anonima Biellese Acqua Potabile (S.A.B.A.P.), con la quale il Comune stipulò una convenzione volta a regolare lo sfruttamento delle sorgenti in Valle Elvo; avviati nell’anno successivo, i lavori di realizzazione del nuovo acquedotto (sostituzione e posa delle condutture, costruzione del serbatoio generale nei pressi del Bottalino) furono terminati nel 1939.
La speranza era di garantire il servizio idrico ad almeno 70.000 utenti, non solo a Biella ma anche a Occhieppo Inferiore e Superiore, Candelo, Benna, Verrone, Gaglianico, Sandigliano, Ponderano, Borriana e Camburzano; tale proposito si rivelò ben presto del tutto illusorio: «Per quanto parecchi esperti fossero scettici sulle portate che erano state calcolate a quelle fonti [dell’Alpe Vignum] quando si progettava l’acquedotto, nessuno di essi era così pessimista sull’estrema magrezza che quelle fonti hanno poi dimostrato ad acquedotto costruito» (S. Triverio).
Negli anni del secondo dopoguerra il problema tornò prepotentemente alla ribalta, non solo per la periodica siccità che provocava la riduzione dell’afflusso di acqua ma anche a causa di alcuni casi di tifo che si registrarono a Biella nel 1946 e nel 1949, enfatizzati oltre misura dai giornali locali per denunciare le deficienze dell’acquedotto cittadino.
L’amministrazione Luisetti intervenne prima richiedendo al Ministero dei Lavori Pubblici l’autorizzazione a captare provvisoriamente le ultime sorgenti ancora disponibili nel bacino del torrente Oropa, poi affidando il compito di valutare con attenzione il problema ad una commissione di esperti (composta dagli ingegneri Silvestri, Marchetti e Losana), che a seguito di una serie di sopralluoghi suggerì lo sfruttamento delle sorgenti di Zubiena.
Nell’estate del 1949, mentre Biella era attanagliata dalla mancanza d’acqua, il cav. Attilio Botto, sindaco di Pollone, era stato il primo a segnalare, in un’intervista rilasciata ad un giornale locale, la presenza a Zubiena di ingenti quantitativi di acqua sorgiva: «Pareva una boutade giornalistica, vi fu più di un sorrisetto incredulo sulla "scoperta" del Sindaco di Pollone ma nel 1950 la Commissione concludeva la sua autorevole indagine indicando proprio Zubiena come l’unico punto per risolvere nel modo più consono la crisi idrica della città» ("Il tormentoso problema idrico. La SABAP municipalizzata").
Nel 1951 il consiglio comunale approvò la proposta di municipalizzare la S.A.B.A.P., affidando al Comune la gestione diretta del servizio idrico.
Tale provvedimento, nonostante la resistenza della Società, che si trincerava dietro motivazioni di carattere economico («il costo del servizio municipalizzato è sempre più gravoso e oneroso del servizio affidato all’industria privata, che […] ha nei confronti dei Comuni, una maggiore elasticità di movimento, una maggiore rapidità di decisione e di azione»), fu approvato definitivamente e all’unanimità nel maggio del 1953 dal consiglio comunale.
La realizzazione dell’acquedotto (di cui si fece carico l’amministrazione Blotto Baldo, subentrata nel 1951), preceduta dallo scavo di una galleria di captazione delle sorgenti profonda 200mt, non iniziò sotto i migliori auspici: le gare di appalto andarono infatti deserte, «a causa del disinteresse inequivocabilmente dimostrato dagli impresari per i capitolati elaborati dall’ufficio tecnico comunale […]. Per giustificare questo loro atteggiamento, gli imprenditori hanno fatto notare che le cifre indicate nei progetti sottoposti al loro esame sono state fissate parecchi mesi addietro, per cui non si possono più considerare validi oggigiorno, dopo il rincaro del prezzo di alcuni materiali e della mano d’opera» ("Eco di Biella", 19.07.1954).
In autunno si potè comunque partire con il primo lotto, riguardante la centrale di sollevamento di Zubiena: i lavori, affidati all’Impresa Alessandro De Bernardi e alla Ditta Audoli e Bertola di Torino, furono conclusi nel dicembre del 1955 con la messa in opera dell’impianto di sollevamento.
Nel mese di marzo di quell’anno era stata appaltata alla ditta Martinengo di Torino anche la fornitura e posa dei circa 9km di tubazioni e la costruzione del serbatoio del Piazzo: «È stato intanto pubblicato il decreto prefettizio con il quale si autorizza il Sindaco di Biella ad acquistare dai coniugi Carlo e Angiolina Cucco un appezzamento di terreno di duemila metri quadrati ubicato in prossimità ed a monte della Costa Nuova del Piazzo. Detto appezzamento, che viene a costare circa due milioni di lire, servirà per la costruzione del serbatoio principale del nuovo acquedotto municipale» ("Eco di Biella", 14.03.1955).
L’auspicio era di immettere l’acqua nelle condutture entro la fine del 1955; in ogni caso, come ammise "Eco di Biella" (11.07.1955), «l’Amministrazione Blotto Baldo si presenterà alle prossime elezioni amministrative previste per la primavera di un altr’anno [1956] con le carte perfettamente in regola per quanto riguarda la soluzione del problema idrico cittadino: ciò significa che, se anche entro il corrente anno i lavori non potranno essere conclusi, il nuovo acquedotto sarà certamente un fatto compiuto in primavera».
Il giornale "Baita" (23.01.1956), portavoce dell’opposizione comunista, rivendicando all’amministrazione Coda (1949–1951) la primogenitura dell’opera, commentò ironicamente: «Se le elezioni dovessero, per avventura, essere rinviate, l’inaugurazione dovremmo attenderla ancora per un bel pezzo […]»
L’ultimo scorcio del 1955 vide comunque gli operai lavorare alacremente per ultimare il nuovo impianto; nello stesso periodo, a causa delle scarse precipitazioni, i biellesi dovettero affrontare l’ennesima crisi idrica che provocò la riduzione del servizio nelle ore diurne e addirittura la totale sospensione durante la notte.
Intorno alla metà di gennaio del 1956 furono effettuati gli ultimi collaudi.
L’esito positivo delle analisi sulla qualità dell’acqua permise una parziale immissione della stessa nelle condutture, che andò ad alleviare i disagi provocati dalla siccità.
L’inaugurazione ufficiale del serbatoio dell’acqua potabile sulla Costa Nuova del Piazzo, intitolato al partigiano azionista Guido Mentegazzi, medaglia d’argento al Valor militare alla memoria, avvenne domenica 13 maggio 1956 (esattamente due settimane prima delle elezioni) alla presenza dell’on. Giuseppe Pella e di un folto stuolo di autorità: «A Laura Mantegazzi [sic], una giovane e bella ragazza, figlia del patriota, è toccato il compito di tagliare il nastro tricolore che sbarrava la strada all’ingresso della costruzione che raccoglie le vasche e gli impianti del serbatoio destinato ad invascare le acque di Zubiena e che sarà prossimamente collegato per mezzo di una conduttura al vecchio serbatoio del Bottalino […]» ("Eco di Biella", 14.05.1956).
Durante il suo secondo mandato (1956-1960), l’amministrazione Blotto Baldo provvide effettivamente al collegamento dei due serbatoi, razionalizzò la distribuzione e pose in opera i lavori di ricerca di nuove fonti di approvvigionamento; le sorgenti di Zubiena, che previsioni ottimistiche avevano ritenuto in grado di colmare il fabbisogno cittadino per almeno due o tre decenni, si rivelarono ben presto insufficienti: «La crisi dell’acqua potabile è definitivamente scongiurata? – scrisse "Eco di Biella" sul numero del 6 gennaio 1966 ricordando l’inaugurazione dell’acquedotto avvenuta dieci anni prima – Le autorità rispondono sì. Ma non passeranno più di sette anni che Biella sarà daccapo. Oggi si deve purtroppo costatare che la acqua della Serra è assolutamente insufficiente alle necessità».
Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
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