Una delle figure di spicco dell’industria biellese dei primi decenni del Novecento fu senza dubbio il cavaliere Ernesto Rubino (1869–1927), il quale con l’ausilio del fratello Colombo riuscì ad impiantare a Netro un’azienda specializzata nella lavorazione del ferro la cui fama travalicò i confini nazionali: la "S. A. Officine di Netro già Giovanni Battista Rubino".
L’attività dei fratelli Rubino, inizialmente incentrata sulla fabbricazione di strumenti agricoli e per il settore dell’artigianato, abbracciò in seguito «una vasta produzione eminentemente meccanica di specializzazione» che portò ad una «rapida espansione, con ardite iniziative in campo economico – finanziario» (Corradino Pretti).
Negli anni della Prima guerra mondiale il numero di operai delle Officine di Netro, che erano impegnate ad evadere le commesse ricevute dall’esercito (nel 1911 Ernesto Rubino, insieme ad altri imprenditori piemontesi, era riuscito a portare in Italia la produzione del cannone francese Déport), salì a 1300: «Affluivano lavoratori da tutto il Biellese e anche da zone lontane. Se molti erano gli specializzati, necessari per la produzione bellica, erano numerosi anche i non specializzati, molti dei quali […] Ernesto Rubino aveva con grande generosità assunto per una questione umanitaria più che tecnica: si trattava per lui di salvare il maggior numero di vite possibile» (C. Pretti).
Tra le iniziative di cui l’intraprendente industriale di Netro si fece promotore ci fu anche quella inerente la realizzazione di un modello di automobile, la Tipo 1, specificamente studiata per affrontare percorsi accidentati: «Il concetto della progettazione – ha scritto Raffaele Coda, autore di "Un’automobile tutta biellese" – fu di creare una vettura principalmente adatta ai percorsi di montagna con l’adozione di rapporti che permettessero una velocità di 70 Km.-ora in pianura (velocità che le condizioni delle strade dell’epoca ben difficilmente consentivano di superare) ed una marcia brillante e senza sforzo in salita, pensando alla configurazione del nostro Paese».
Il progetto, curato dall’ingegnere Lamberti (proveniente dalla Società Piemontese Automobili di Torino), fu avviato nel 1920 e portato a termine l’anno successivo: dalle Officine di Netro, ha ricordato Corradino Pretti, uscirono «due/tre modelli completi e funzionanti […] Vennero persino predisposti dépliant pubblicitari, che riportavano i dati tecnici dell’auto».
La Tipo 1, dall’aspetto massiccio, disponeva di un motore a 4 cilindri con valvole laterali (cilindrata 2300cc), di quattro marce in avanti più la retromarcia, di due coppie di freni alle ruote posteriori (una azionata a pedale, l’altra con comando a leva), di illuminazione frontale e di avviamento elettrico.
L’attenzione del cav. Rubino si stava però rivolgendo verso altre direzioni: dalla produzione di energia elettrica alla realizzazione di una linea ferroviari Biella – Netro, passando per il sostegno all’Azienda delle Terme ed Acque di Bognasco.
Il settore dell’automobile iniziò quindi a perdere d’importanza fino ad essere, nel 1923, definitivamente accantonato; con tutta probabilità non fu estranea a quel disimpegno anche «la situazione finanziaria e produttiva [di quegli anni, che] non fu propizia all’affermarsi di questa coraggiosa iniziativa che ebbe la sorte di tante altre marche le quali furono travolte dalla stessa bufera da cui solo poche e potenti si salvarono» (R. Coda).
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